UNA NUOVA CLASSE DI STELLE BINARIE

La scoperta di questi gemelli stellari potrebbe fornire preziose informazioni sulla formazione e l’evoluzione delle stelle massicce, binarie strette e i vivai stellari.

Secondo un recente studio effettuato su un campione di stelle presenti nella Grande Nube di Magellano, ci sarebbe una nuova classe di stelle binarie. Queste stelle doppie legate fra loro gravitazionalmente, sono un laboratorio meraviglioso per studiare l’evoluzione di questi sistemi anche in relazione alla presenza di una stella di grande massa nella coppia.

La Grande Nube di Magellano - Credits: NASA
La Grande Nube di Magellano – Credits: NASA

Il totale di stelle trovate con queste caratteristiche è piuttosto basso, ma questo numero risicato nasce dal fatto che la tecnica adottata permette l’osservazione di queste stelle binarie solo se, alternativamente, le due stelle siano a turno allineate verso la Terra (il punto di riferimento dell’osservatore), in modo che l’una eclissi l’altra.

Una seconda difficoltà legata all’osservazione di questo tipo di stelle binarie è dovuta al fatto che la peculiarità in questi gemelli stellari è la presenza di una stella di grande massa e già formata, tanto da trovarsi nella sequenza principale, mentre la compagna si trova ancora in fase embrionale ed è più piccola. La stella più grande ha una luminosità maggiore e rende difficoltosa l’osservazione della stella più piccola e debole.

Schema di stelle binarie a eclissi, con grafico relativo al calo di luminosità. - Copyright degli aventi diritto
Schema di stelle binarie a eclissi, con grafico relativo al calo di luminosità. – Copyright degli aventi diritto

Con il metodo osservativo del transito però, è possibile identificare il calo di luminosità della stella più grande quando la più piccola si frappone fra noi e la compagna più luminosa.

Li abbiamo osservati nel momento giusto. In effetti, stiamo vedendo queste stelle in sala parto “, ha detto Maxwell Moe del Centro Harvard-Smithsonian per l’Astrofisica (CFA) a Cambridge, Massachusetts.

Questi sistemi di stelle binarie, ruotano l’una attorno all’altra con periodi che variano fra i 3 e i 9 giorni. Nelle 18 coppie osservate, le masse delle stelle vanno da 6 a 16 masse solari per la stella più luminosa e massiccia e da 1 a 2 masse solari per la più piccola.

Un’altra interessante caratteristica osservata per la stella più piccola è che durante il suo periodo di rotazione attorno alla stella più luminosa, essa è in grado di riflettere la luminosità della compagna più grande, finendo così per avere le fasi come le possiamo osservare (a esempio) nella nostra Luna. Gli scienziati vedono le fasi, perché il compagno più debole e meno massiccio non è ancora una stella a tutti gli effetti, ma si trova nella sua fase embrionale.

Le attuali scoperte sui 18 sistemi di stelle binarie sono state rese possibile attraverso l’Optical Gravitational Lensing Experiment. Ma a causa della loro rarità, trovare queste coppie nella nostra galassia richiede probabilmente una vasta indagine, si potrà utilizzare per esempio il Large Synoptic Survey Telescope che presto sarà operativo e adatto a tale scopo.

(Fonte: astronomy.com )

Varie ed eventuali.

1. La stella Beta Pictoris (a 63 anni luce da noi nella Costellazione del Pittore), nota per possedere un disco protoplanetario con pianeti in formazione e attività cometaria, è stata recentemente osservata da ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) che ha scoperto un grumo gassoso di monossido di carbonio nel disco di polvere che circonda la stella.

Il disco protoplanetario di Beta Pictoris fotografato da Hubble - Credits: NASA, ESA, and D. Apai and G. Schneider (University of Arizona)
Il disco protoplanetario di Beta Pictoris fotografato da Hubble – Credits: NASA, ESA, and D. Apai and G. Schneider (University of Arizona)

La più probabile spiegazione, secondo Bill Dent, un astronomo dell’ESO in forza al JAO (Joint ALMA Office) a Santiago (Cile) e primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Science in questi giorni, “La fonte più abbondante di monossido di carbonio in un sistema planetario giovane è la collisione tra corpi ghiacciati, dalle comete agli oggetti più grandi, della dimensione dei pianeti”. Il monossido di carbonio infatti non potrebbe resistere più di un centinaio di anni sotto l’effetto incessante del vento stellare di Beta Pictoris, a meno di un continuo “rabboccamento” da parte di costanti scontri.

Ecco un hangout dedicato alla scoperta:

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2. Queste sei immagini proposte qui sotto, tutte a colori e prese ad angolo stretto, sono state fatte nel primo “ritratto” del Sistema Solare dalla Voyager 1 il giorno di San Valentino del 14 febbraio 1990. La serie di scatti è stata presa da più di 4 miliardi di chilometri dalla Terra e circa 32 gradi sopra l’eclittica. Partendo dall’alto a sinistra si vendono i pianeti Venere, Terra, Giove; poi sotto ci sono Saturno, Urano, Nettuno.

Credits: NASA / JPL-Caltech
Credits: NASA / JPL-Caltech

Dal Cosmo è tutto….CIELI SERENI

Francesca