CANNIBALISMO GALATTICO: CHI BEN INCOMINCIA E’ A META’ DELL’OPERA

Protagonista di questo post, è uno degli argomenti più affascinati dell’astrofisica (a mio personalissimo giudizio): il cannibalismo galattico. Usando il termine inglese, si possono chiamare anche merger (fusione, mescolanza). Entrambi i termini altri non sono che la definizione più o meno apocalittica, dell’incontro e fra due galassie con la conseguente fusione in una unica galassia.

Arp299 nell'ttico (a destra) e visto da NuSTAR (a sinistra) - Credits: NASA/JPL – Caltech/GSFC
Arp299 nell’ottico (a destra) e visto da NuSTAR (a sinistra) – Credits: NASA/JPL – Caltech/GSFC

In questo caso i riflettori di alcuni telescopi (in particolare NuSTAR – Nuclear Spectroscopic Telescope Array) sono stati puntati sull’oggetto Arp 299 (altrimenti catalogato come NGC 3690). Inizialmente osservato dal satellite BeppoSAX, Arp 299 è risultato un oggetto di interesse per l’attività mostrata soprattutto in banda X.

Queste due galassie che hanno iniziato il loro processo di fusione approssimativamente 700 milioni di anni fa, portano in dote l’una all’altra il loro cuore….che è meno poetico di quanto sembri, dato che il cuore di una galassia è con buona probabilità un buco nero e non uno qualsiasi, ma uno supermassivo. Qui ce ne sono due. Ma mentre uno pare non essersi ancora reso contro dello scontro galante, l’altro ha già iniziato il suo pantagruelico banchetto.

Arp299 - Credits: Zezas
Arp299 – Credits: Zezas

Nell’immagine qui sopra, che ritrae Arp 299, la zona contrassegnata con la B indica il buco nero supermassivo che ha già iniziato a fagocitare materia e gas. Con A è indicato l’altro buco nero che apparentemente non da segni di essere attivo. Per quanto riguarda A però, ci potrebbe essere anche l’ipotesi che è talmente oscurato dalla immensa quantità di gas e polvere, che i raggi X vengono bloccati.

Attualmente, in queste situazioni, di pensa che avere entrambi i buchi neri attivi non sia possibile. Nel momento in cui i due nuclei si avvicineranno sempre di più, lentamente le forze mareali perturberanno il gas e le stelle vicine, risvegliando entrambi i buchi neri.

 

Arp 299 ripreso dalla camera NIMCOS montata su Hubble. Immagine nel vicino infrarosso - Credits: NASA
Arp 299 ripreso dalla camera NIMCOS montata su Hubble. Immagine nel vicino infrarosso – Credits: NASA

Allego il pdf (estremamente tecnico) relativo alla ricerca presentata al meeting di Seattle della AAS: fonte arxiv.org/pdf

Varie ed eventuali.

1. Ecoballe spaziali, il ritorno.

Già in tempi non sospetti, in questo blog si è trattato l’argomento dedicato ai detriti spaziali. Ritorniamo sull’argomento grazie a un progetto portato avanti dall’ESA: Clean Space.

Il logo di Clean Space - Credits: ESA
Il logo di Clean Space – Credits: ESA

Con questo progetto ESA vuole mettere l’accento su un fatto, che sta lentamente diventando un problema molto serio. L’inquinamento dell’orbita bassa della Terra. Se questa zona dovesse ingolfarsi ulteriormente di detriti, potrebbe diventare impossibile mandare un vettore in orbita senza rischiare una collisione con un detrito vagante.

Attualmente si stimano più di 12.000 oggetti oltre i 10 cm di diametro e mentre tra 1 e 10 cm ce ne sarebbero molti di più. E proprio questi ultimi sono i più insidiosi. Perchè piccoli e difficili da individuare, ma con una potenza distruttiva pari a quella di una bomba a mano. E se questi piccoli detriti (per esempio una vite o un bullone), dovesse impattare con la Stazione Spaziale, i danni potrebbero essere considerevoli.

I danni di un detrito spaziale largo solo 1,2 cm - Credits: ESA
I danni di un detrito spaziale largo solo 1,2 cm – Credits: ESA

Per queste orbite, che si estende fino a circa 2000 km sopra la Terra, il requisito è che i satelliti vengano rimossi entro 25 anni dal momento in cui viene dichiarata la fine della missione.

Nel mese di marzo, i produttori di satelliti europei si riuniranno per discutere e ridisegnare le missioni nell’orbita bassa per soddisfare le normative anti-detriti. Ciò che sale deve scendere.” Quando si tratta di satelliti, questo detto è diventato un requisito statutario di ESA.

“Questo workshop è un passo essenziale per coinvolgere l’intero settore spaziale europeo nel modellare il futuro per i satelliti in orbita bassa.” ha spiegato l’organizzatrice di ESA, Jessica Delaval.

La crescita dei detriti spaziali dal 1960 al 2009 - Credits: NASA
La crescita dei detriti spaziali dal 1960 al 2009 – Credits: NASA

(Fonte: esa.int )

2. Titano ripreso dalla Huygens durante la sua ascesa il 14 gennaio 2005 con una lente fish-eye. Questa sequenza qui sotto è stata rilasciata in questi giorni a dieci anni dallo sbarco della piccola sonda sul suolo della più grande luna di Saturno.

Titano ripreso durante l'ascesa della Huygens il 14 gennaio 2005 - Credits: ESA-NASA-JPL-University of Arizona
Titano ripreso durante l’ascesa della Huygens il 14 gennaio 2005 – Credits: ESA-NASA-JPL-University of Arizona

Quando scattò questa sequenza si trovava a una distanza media di 5 km dalla superficie.

Suolo di Titano ripreso dalla Huygens appena atterrata - Credits: NASA
Suolo di Titano ripreso dalla Huygens appena atterrata – Credits: NASA/ESA

(Fonte: esa.int )

Dal Cosmo è tutto …. CIELI SERENI.

Francesca