NANE ROSSE: DIFFICILMENTE POTREBBERO PERMETTERE LO SVILUPPO DELLA VITA

Contrariamente a quanto si credeva fino a qualche tempo fa, le nane rosse (stelle di piccola massa e decisamente più fredde del nostro Sole), potrebbero non essere idonee per la nascita di forme di vita attorno ai loro pianeti.

 

Visione artistica di un pianeta attorno a una nana rossa.
Visione artistica di un pianeta attorno a una nana rossa.

I dati osservativi ci dicono che le nane rosse sono la maggioranza delle stelle che compongono la nostra galassia, quindi la capacità o meno di ospitare la vita sui pianeti orbitanti attorno a esse può essere determinante positivamente o negativamente.

Pare che le notizie non siano buone. La vicinanza della zona abitabile prevista per i pianeti attorno a questo tipo di stelle, sottopone l’atmosfera e dei pianeti stessi a condizioni proibitive per la vita. La zona abitabile è quella green line entro cui l’acqua si mantiene allo stato liquido, favorendo così le giuste condizioni perchè la vita, come la conosciamo, possa trovare un’adeguato humus per svilupparsi.

Pare che il processo di formazione degli oceani sui pianeti attorno a questo tipo di stelle incomincia qunado la stella sia ancora nella fase di accrescimento. Le nane rosse infatti hanno un processo formativo più lento rispetto a una stella come il Sole. Questo porterebbe i pianeti a essere già avanti nel processo di formazione quando la stella inizia a brillare. Le prime fasi della nascita di una stella la rendono estremamente energetica e luminosa. La vicinanza di questi pianeti alla stella madre, blocca tutti i processi di un’eventuale fase formativa della vita, in quanto i raggi UV sono in grado di spezzare le molecole d’acqua che si possono trovare su questi pianeti e portare così alla separazione fra idrogeno (H) e ossigeno (O). La scissione della molecola d’acqua porta l’H a perdersi nello spazio (in quanto gas leggero tende a salire di quota); mentre l’O sedimenta a quote più basse, ma in una concentrazione decisamente eccessiva.

Ma non c’è solo la radiazione UV, a dare man forte ci sono anche i raggi  X. L’atmosfera (se mai pre-esistente) di un pianeta, si ritrova così a surriscaldarsi e a espandersi, liberando nello spazio gli strati più esterni sottoposti all’azione del vento stellare. A questo punto l’80% delle stelle che si trovano nella Via Lattea paiono inadeguate per lo sviluppo della vita.

Fonte: media.inaf.it

Varie ed eventuali:

1. Partito da Cape Canaveral il giorno 5 dicembre 2014 alle 07:05 ora locale, il razzo DeltaIV Heavy per il primo Flight Test di Orion (Exploration Flight Test 1 EFT-1).

Il lancio era previsto per il giorno 4 dicembre, ma tre intoppi in successione hanno impedito al vettore di alzarsi in volo. Prima una barca ha “accidentalmente” messo la prua nella no fly zone su cui sarebbe passato il razzo, poi il forte vento in quota, e quando la finestra stava per chiudersi ma c’era ancora un margine risicato per la partenza, un problema sulle valvole di carico e di sfiato dell’idrogeno liquido (LH2) hanno definitivamente bloccato il liftoff, rinviandolo di 24 ore circa.

Disegno che illustra la configurazione al lancio per lo EFT-1 - Credit: Giuseppe De Chiara
Disegno che illustra la configurazione al lancio per lo EFT-1 – Credit: Giuseppe De Chiara

 

Oggi però tutto è andato avanti senza intoppi e quindi il lancio si è svolto regolarmente. Orion è stato portato in orbita e vi è restato per 4 ore e mezza; in questo periodo, il secondo stadio del razzo ha spinto la capsula fino a 5800 km d’altezza (oltre 15 volte dell’orbita della Stazione Spaziale che è di circa 400 km). A quel punto la rotta è stata nuovamente corretta per i rientro in atmosfera con uno splashdown previsto nell’Oceano Pacifico. Questa fase di rientro prevedeva uno shock test per lo scudo termico che è stato sottoposto a un calore di oltre 2000 gradi per una velocità d’entrata pari a 30.000 km/h.

La Terra vista dalla Orion durante il test del 5 dicembre 2014 - credit: NASA
La Terra vista dalla Orion durante il test del 5 dicembre 2014 – credit: NASA

Il rientro e lo splashdown sono avvenuti regolarmente alle 11:34 ora locale nel Oceano Pacifico.

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Video della partenza del DeltaIV Heavy con Orion.

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 2. Partito HAYABUSA 2

I giapponesi ci riprovano e la JAXA, dopo il successo (nonstante un’infinità di intoppi) della prima missione Hayabusa, il 3 dicembre 2014 dal Launch Pad 1 del Tanegashima Space Center, il Falco Pellegrino 2 (hyabusa in giapponese) ha spiccato il volo che lo porterà sull’asteroide (162173) 1999 JU3 nel  2018 e un rientro sulla Terra previsto per il 2020 con un carico prezioso di materiale prelevato dall’asteroide.

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La particolarità del lancio consta nel fatto che assieme ad Hayabusa2 sul vettore erano stati caricati altri 3 satelliti di piccole dimensioni che sono stati rilasciati in sequenza poco dopo aver “liberato” il Falco Pellegrino.

Il secondo satellite, dal peso di soli 3kg, è uno strumento predisposto per lo studio della radiazione nel sistema solare e ha la particolarità di portare con se una radio amatoriale e quindi di poter emettere segnali che potranno essere captati dai radioamatori a Terra. Il terzo carico rilasciato è stato ArtSat-2/DESPATCH e “non è altro che una scultura pesante 32 kg realizzata con la stampa 3D contenente una radio a batterie (con un’autonomia di circa una settimana) che invierà messaggi poetici autogenerati dalla telemetria di bordo.”. Infine è stato liberto PROCYON, con 67kg di peso a motori ionici, vuole essere una dimostrazione di come sia possibile effettuare missioni nello spazio profondo con sonde di dimensioni contenute. Attualmente la sua traiettoria, che prevede un passaggio vicino a un asteroide (ancora da scegliere) e conseguente sequenza di scatti fotografici del passaggio, non è stata ancora definita.

Hayabusa2 non ha solo lo scopo di riportare materiale asteroidale sulla Terra, ma una volta in orbita a (162173) 1999 JU3 provvederà a rilasciare un “proiettile” di rame che impatterà e perforerà la superficie dell’asteroide, formando un cratere di circa 4 m che permetterà di fare emergere ciò che si trova nel sottosuolo. (Fonte: astronautinews.it)

Dal Cosmo è tutto….CIELI SERENI.

Francesca