INTERVISTA AL GIORNALISTA SCIENTIFICO E DIVULGATORE STEFANO CAVINA

Intervista a Stefano Cavina sul suo libro LIBRO APOLLO – La sfida alla Luna

logo del programma Apollo - Credits: NASA
logo del programma Apollo – Credits: NASA

1) Come nasce l’idea del libro APOLLO – SFIDA ALLA LUNA?

Apollo è solo l’ultima parte di una trilogia, a cui appartengono Sputnik e Cosmonauti, che abbraccia il periodo storico dalle origini del razzo alla conquista della Luna. L’idea è nata negli anni ’80 quando svolgendo la mia attività di giornalista e divulgatore faticavo a trovare informazioni esaurienti sull’esplorazione dello spazio, escluso la magnifica iniziativa della Fratelli Fabbri “L’uomo e lo spazio”, inoltre, avendo già allora una cospicua documentazione ricevuta dalla NASA, mi venne l’idea se per i lettori e appassionati italiani non esisteva la storia dell’esplorazione dello spazio, allora, l’avrei dovuta scrivere io.

Copertina del libro Apollo Sfida alla Luna di Stefano Cavina

2) Scrivendolo, qual è l’evento o l’aneddoto che l’ha colpita di più?

Durante la missione Apollo 17, il comandante Eugene Cernan ebbe la tentazione di scrivere il nome della figlia Tracy, sulla polvere che ricopriva una enorme formazione rocciosa che si trova presso il cratere di Camelot, area che stava esplorando insieme al geologo Harrison Schmitt. Si trattenne dal farlo anche se nella fotografia si vede chiaramente dove aveva smosso la polvere con i propri guanti. Non resistette però a tracciare le iniziali della figlia accanto al rover, che aveva appositamente posizionato lontano dal Modulo Lunare per consentire alla telecamera di bordo, comandata da Terra, di riprenderne l’ascesa che sarebbe seguita poco dopo. Una dimostrazione d’estrema umanità in uomini che, apparentemente, sembravano, privi o quasi di ogni emozione.

3) Von Braun/Korolev: se il primo non se ne fosse andato dalla NASA sbattendo la porta e il secondo non fosse morto prematuramente, cosa avrebbero potuto ancora donare al mondo? Cosa bolliva in pentola?

Marte era nei progetti di entrambi. La Luna doveva essere solo il primo passo del “grande balzo” verso lo Spazio esterno. La morte prematura di Korolev, e le dannose rivalità politiche interne, impedì ai russi (allora sovietici) di raggiungere la Luna prima degli americani. Per quanto riguarda Von Braun, la storia è nota, raggiunto l’obiettivo primario indicato dal presidente J.F. Kennedy, scendere sulla Luna entro gli anni ’60, nei “piani alti” del Governo statunitense l’interesse verso lo Spazio scemò rapidamente. Inoltre, Von Braun stava diventando “scomodo” per la sua collaborazione attiva con il nazismo, alla realizzazione dei campi di lavoro per la costruzione delle V2 in Germania. Notizie che iniziavano a trapelare, mettendo in imbarazzo alcuni ambienti della NASA, che fece in modo che Von Braun scegliesse di dimettersi entrando nell’industria privata, finendo poi per essere quasi dimenticato.

Korolev nel 1933 a sinistra (fonte anonima)   Von Braun a destra (fonte NASA/MSFC)

4) Dagli anni ‘60 del 900 i successi astronautici sono stati incredibili, perché oggi tante persone non li accettano? Cosa è andato storto nella comunicazione di questi successi? E perché non si è riusciti a costruire una coscienza comune sulle benefiche ricadute del Programma Apollo e non solo?

Fu il più grande errore mediatico commesso dalla NASA: non sfruttare adeguatamente il successo storico legato allo sbarco sulla Luna. Per troppi anni l’Ente spaziale americano visse sugli allori pensando che nessuno potesse rifiutare l’impresa esplorativa più grande del XX Secolo. Ma i “nati” dopo il 1970 non avevano visto alla televisione le imprese degli astronauti del progetto Apollo, non conoscevano l’impegno profuso dal Governo e della NASA per raggiungere la Luna, spinta dalla rivalità in campo spaziale con i sovietici. Ai loro occhi e menti tutto era “lontano” quasi una “favola” e la NASA si accorse troppo tardi (intorno al 1990) che aveva il dovere di mantenere vivo il ricordo di questa storia promovendo non solo ciò che voleva fare e faceva per l’esplorazione dello Spazio ma, soprattutto, cosa di grande aveva già fatto.

5) Qual è il suo ricordo di Machael Collins a poche settimane dalla sua scomparsa (31 ottobre 1930 – 28 aprile 2021)?

Un uomo di poche parole, ma sempre diretto e sincero. Infatti, non negò mai che il suo “sedile” su Apollo 11 non era il migliore, ma che comunque era orgoglioso di essere stato “uno dei tre”. Ha scritto “Carrying the fire”, un solo libro ma che da solo basta a raccontare in modo esauriente i sacrifici umani e i prodigi tecnologici del progetto lunare.

Michael Collins – Credits: NASA

6) Cos’è significato lo Space Shuttle Program per l’esplorazione spaziale?

La verità? Un fallimento! Ovviamente a mio parere. Perché lo Space Shuttle che divenne operativo nel 1981, a causa dei continui tagli al budget della NASA non rispondeva più ai requisiti iniziali immaginati, e cioè quelli di un’astronave completamente riutilizzabile, in grado di compiere almeno quaranta voli all’anno, abbattendo sensibilmente i costi per il lancio dei satelliti e sostituendo quasi tutti i “lanciatori” al tempo disponibili.

I compromessi imposti dalla mancanza di fondi ne compromisero i vantaggi più importanti, rendendola una “macchina” complessa e intrinsecamente pericolosa, come la perdita di due equipaggi ha purtroppo dimostrato. Ciò nonostante, gli shuttle hanno contribuito ad ampliare le nostre conoscenze su come vivere e lavorare nello spazio, portando grossi carichi in orbita e contribuendo in modo decisivo alla realizzazione della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Purtroppo, la sua realizzazione ha sospeso i voli umani americani per sei anni, bloccando di fatto l’esplorazione con equipaggio per mancanza di vettori e astronavi dedicate.

La navetta spaziale, così come era stata concepita, non poteva sostituire le astronavi tradizionali per l’esplorazione dello spazio profondo, dove le “ali” servirebbero poco o nulla. Di fatto, l’introduzione dello shuttle e la realizzazione della ISS, ha pesantemente a ritardato l’esplorazione umana dello spazio profondo. Se il Governo americano avesse mantenuto operativa l’astronave Apollo, unitamente ai vettori della serie Saturno, magari tenendo in parallelo i due sistemi di trasporto, gli USA avrebbero mantenuto la capacità di operare in modo autonomo nello Spazio, senza doversi affidare per 10 anni, dal ritiro dello shuttle nel 2011 alla disponibilità dell’astronave privata Crew Dragon di SpaceX, ai russi per un “passaggio” a pagamento per la ISS.

Con questo non penso che un’astronave alata sia un errore, anzi, al contrario, sono convinto che tutte le operazioni in orbita bassa dovrebbero essere “alate”, ma realizzando veicoli sicuri che non siano frutto di compromessi economici, e non è detto che in un futuro prossimo si ritorni a questa formula.

Space Shuttle – Credits: NASA

7) Cosa ne pensa delle nuove frontiere dell’astronautica con l’arrivo delle compagnie private? Possono essere una nuova e concreta linfa vitale, là dove le agenzie nazionali sembravano ormai sopite?

Sono certo che le compagnie private daranno un impulso specifico al settore determinante per realizzare il sogno dichiarato di alcuni visionari, di consentire all’umanità di diventare una civiltà interplanetaria. Certo è un grande sogno e come tale comporterà molti sacrifici quello che più temo però, è che concorrenza e velocità possano portare a compromessi e rischi per i futuri esploratori che utilizzeranno queste astronavi attualmente in fase finale di realizzazione.

Per quanto riguarda le Agenzie nazionali sono invece consapevole che l’ingresso nel “Club spaziale” di nazioni economicamente potenti come Cina e India porteranno il Governo degli Stati Uniti, e di conseguenza la NASA, a reagire in modo adeguato per non perdere la leadership spaziale. Perché andare nello spazio, al contrario di ciò che si crede o si vuol far credere, è un grande affare. Ogni dollaro speso nella ricerca ne frutta almeno 100 sulla Terra, con benefici inimmaginabili per tutti noi. Le applicazioni in campo spaziale poi, come scrivo chiaramente nel mio ultimi libro “Uomini o Marziani“, contribuiranno a rendere la vita sulla Terra più sostenibile, grazie a sistemi di produzione di energia ecocompatibili, alla eliminazione degli allevamenti intensivi e al riciclaggio dei rifiuti.

Razzo Falcon Heavy di SpaceX in rampa a Cape Canaveral il 05 febbraio 2018 – Credits: Joe Raedle/Getty Images

[ndr: per completezza di informazioni all’immagine qui riportata, si ricorda che altre compagnie private che stanno investendo in ambito spaziale, con i risultati più avanzati, sono: Virgin Galactic di Richard Branson e Blue Origin di Jeff Bezos]

8) Uno dei capitoli si intitola UNA TIPICA MISSIONE LUNARE; cosa c’era di tipico in una missione Apollo in particolare e nelle missioni spaziali con equipaggio in generale?

Con “tipico” si intende una sequenza di operazioni routinarie necessarie alla realizzazione della missione e che in modo più tecnico si chiamano “procedure”. Queste, sono tutte studiate a terra fin nei più piccoli particolari così da permettere agli astronauti di compierle con sicurezza in completa autonomia e senza esitazioni che in ambito spaziale possono essere molto pericolose.

9) Collegandomi alla domanda precedente, come terminerebbe la frase “se gli americani non fossero allunati….”

… lo avrebbero fatto i Russi, ma la valenza dell’impresa non sarebbe cambiata, scendere sulla Luna aveva per i Governi un aspetto totalmente politico, ma per tutti noi, spettatori, solo quello della realizzazione di un sogno atavico compiuto a nome di tutta l’umanità.

10) Si è portati a pensare che la corsa allo spazio l’abbiano vinta gli americani, ma sul piatto della bilancia astronautica, i successi sovietici furono davvero importanti e innegabili; è stato solo un banale “marketing” batte realismo 1-0 o c’è molto di più?

La “sfida alla Luna” spostò la “guerra fredda” dal nostro pianeta allo Spazio, riducendo il pericolo di un conflitto termonucleare fra le due superpotenze, che non era per nulla ipotetico. Inoltre, la “vittoria” americana contribuì al dialogo e alla “distensione” come la missione congiunta Apollo-Soyuz dimostrò nel 1975. L’impegno profuso da Russia e America per la realizzazione di quelle missioni, sollecitarono lo sviluppo di nuove tecnologie e dando luogo a innumerevoli brevetti dei quali oggi tutti noi ne siamo inconsapevolmente i diretti beneficiari, anche se per pura ignoranza alcuni credono che non siamo mai stati sulla Luna.

Foto di Marco Bruno – Tutti i diritti riservati

11) Parafrasando il finale del film APOLLO 13, “Quando torneremo sulla Luna e chi ci andrà”?

Per la prima missione “dimostrativa e di collaudo” del nuovo programma Artemis, direi entro il 2025. Il vettore SLS (Space Launch System) è quasi pronto, nonostante il ritardo causato dagli altalenanti bilanci della NASA, l’astronave Orion pure, mentre gli equipaggi sono al completo e si stanno preparando per il grande ritorno. Chi scenderà è già stato indicato. La prima a posare gli stivali sulla polverosa superficie lunare sarà una donna, giusto riconoscimento per il loro importante operato, accompagnata, probabilmente, da un astronauta afroamericano. Staremo a vedere.

Certo si devono ancora compiere passi decisivi, come il collaudo con equipaggio della Orion, la realizzazione della stazione lunare Gateway, e la realizzazione del modulo lunare. Questo contratto, vinto dalla SpaceX di Elon Musk multimilionario patron della Tesla, sta però suscitando clamore negli Stati Uniti per il ricorso presentato da una delle partecipanti alla gara, la Blue Origin, società privata creata da Jeff Bezos, fondatore di Amazon.com. La Società ha presentato ricorso perché la gara iniziale prevedeva l’assegnazione del contratto a due società in concorrenza fra loro e non a una sola, motivo reale? Non i soldi del contratto, sono entrambi multimilionari, ma bensì il prestigio legato all’impresa di contribuire al ritorno sulla Luna, clamore pubblicitario che l’azienda potrà sfruttare a proprio favore.

12) La “Luna” di oggi è Marte per le compagnie spaziali? E la Luna vera cosa è diventata?

Per gli scienziati un laboratorio di ricerca, per le case farmaceutiche l’occasione di testare in basi semipermanenti, in condizioni più comode ed economiche della stazione orbitante, terapie nuove e medicinali, per le industrie un luogo speciale, a soli tre giorni dalla Terra, dove sperimentare i loro progetti a un sesto di gravità, per le industrie minerarie un’area di sfruttamento oltremodo incentivata dalla NASA, che in questo contesto confida di sviluppare attività di estrazione mineraria, avviando attività commerciali che potrebbero rivelarsi utili per le nuove esplorazioni lunari con esseri umani e in futuro per raggiungere Marte. Per quanto riguarda il turismo spaziale ritengo che a parte un tour in orbita, sbarcarvi sarebbe noioso, non come Marte che al contrario è un posto che dal punto di vista turistico è interessantissimo. Ma questa è ancora fantascienza.

Marte - Credits: NASA
Marte – Credits: NASA

13) Una fanta-domanda per una fanta-risposta: se potesse salire su un mezzo spaziale per esplorare il Sistema Solare, quale mezzo sarebbe, perché e dove andrebbe?

Mi affiderei completamente alla NASA, perché i loro standard di sicurezza sono elevatissimi. Dove andrei? Marte certamente, ma, purtroppo, sono nato troppo in anticipo per vedere realizzata la colonizzazione del Pianeta Rosso.

14) Cos’è la Luna per Stefano Cavina?

Ho imparato a conoscere il cielo stellato seguendo, da ragazzo, le missioni lunari Apollo, fino a farne un appassionante lavoro. Quando guardo la Luna, mi meraviglio ancora al pensiero che si tratta di un globo celeste sferico sul quale uno sparuto gruppo di intrepidi ha rischiato la vita per raggiungerlo e passeggiarvi sopra in nome dell’intera umanità. La Luna è stato veramente un piccolo passo per l’umanità, ora ci attende il grande balzo: Marte.

 

Un sentito grazie per la disponibilità a Stefano Cavina; vi metto qui il link dove trovate tutti i suoi libri.

Per i pochi che ancora non lo conoscessero, Stefano Cavina è giornalista scientifico e direttore di Pianeta-Marte.it. Ha scritto diffusamente per testate scientifiche e aeronautiche, come Rombo, Nuovo Orione e La Rivista Aeronautica. È curatore di mostre dedicate all’esplorazione spaziale e membro della Planetary Society. Ha ottenuto, il premio letterario Vega per la saggistica aerospaziale con Apollo-La sfida alla Luna e il riconoscimento per qualità e interesse dall’Ufficio Storico della NASA, per il volume fotografico, Men on The Moon-An American History (La Moderna). Ha pubblicato per Aiep: Pianeta Marte – Miti e realtà del futuro avamposto dell’umanità (2004); Sputnik – L’alba dell’era spaziale (2007); Cosmonauti-Esploratori dell’Universo (2009); Sorella Luna – Visioni e realtà sulla nostra compagna astrale (2014). Apollo – La Sfida alla Luna – a colori (2019).

L’autore Stefano Cavina – Credit degli aventi diritto

Qui invece potete trovare la mia recensione al libro APOLLO SFIDA ALLA LUNA da cui questa intervista è tratta.

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